ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Ascensori a Valle Faul,
si poteva fare meglio
di Andrea Bentivegna
09/04/2016 - 02:01

di Andrea Bentivegna

Sarò probabilmente impopolare, magari anche forzatamente polemico, ma io gli ascensori già li detesto. Sì, proprio quegli ascensori di cui non si fa altro che parlare con toni entusiasti come si trattasse di un passo in avanti epocale per Viterbo, io li considero invece una sconfitta.

''Ma come? - mi si dirà - Per una volta che a Viterbo si fa qualcosa'' e poi ''Adesso potremo posteggiare le auto salendo finalmente in centro a piedi, come a Orvieto''. Peccato, però, che non ci sarà un parcheggio, o meglio, non sorgerà più ai piedi degli ascensori visto che, da progetto, verrà spostato tutto al di fuori di porta Faul. Una beffa insomma.

In ogni caso, per giudicarne il reale impatto sulla quotidianità, dovremmo aspettare l’inaugurazione. Magari, e lo auspico di cuore, tutte le mie perplessità verranno spazzate via in pochi giorni e il volto della città cambierà sul serio.

Già, il volto della città. In effetti quello gli ascensori già lo hanno cambiato, anzi, sarebbe più preciso dire sfigurato. Sì perché se sull’utilità non possiamo ancora esprimerci, sull’estetica c’è solo da rabbrividire.

Ma perché, mi chiedo, se l’idea era quella di imitare Orvieto non si è deciso di farlo in tutto e per tutto? Là gli ascensori che portano in centro sono invisibili, sotterranei, mentre qua, evidentemente, un progetto, per essere moderno, deve anche inequivocabilmente sembrarlo e ostentarlo. Cosa c’è, allora, di meglio del vetro? Un materiale high-tech e sgargiante perfetto a questo scopo. Così ora abbiamo da un lato una bella torre vetrata di una quindicina di metri che si staglia sulla valle di Faul, dall’altra l’uscita, vetrata ovviamente, degli ascensori a due passi dal palazzo Papale. Ma come si fa? Una città che dice di voler puntare sull’arte e la bellezza come può tollerare tutto ciò?

Ora immaginatevi i turisti che, dalla famosa loggia dei Papi, si affacceranno per godersi il panorama verso la splendida chiesa della Trinità. Bene, appena sotto potranno ''ammirare'' anche la struttura del nuovo ascensore. Siamo proprio sicuri che non si potesse fare altrimenti, magari usando altri materiali meno invasivi e anche più economici? A proposito, la grande vetrata dovrà anche essere pulita di frequente. Chissà.

Da un opposto all’altro, senza vie di mezzo. Se guardiamo, infatti, l’uscita degli ascensori a due passi dal duomo, verso il vecchio ospedale, là la struttura, sempre trasparente, è talmente poco ambiziosa da sembrare invece un oggetto dozzinale, quasi da supermercato (con tutto il rispetto). Insomma un’opera messa lì alla bene e meglio dimenticando che si dovrebbe trattare dell’accesso privilegiato al cuore della città. Un vero peccato.

Ecco, guardandoci oggi attorno il vetro sembra suscitare sempre più un fascino irresistibile per i nostri progettisti, soprattutto nel centro storico, come purtroppo ci ricorda ogni giorno la piramide che sovrasta il discutibile palazzo realizzato in via Matteotti inspiegabilmente costruito solo pochi anni fa.

Sarebbe giunto il momento di prendere finalmente consapevolezza del fatto che viviamo in una città con pochi eguali e si iniziasse perciò a pensare prima di tutto a salvaguardarne il delicatissimo patrimonio, non solo restaurando i vecchi edifici, ma anche facendo attenzione alle nuove costruzioni. Per carità, non sto dicendo di rendere il nostro centro un museo invivibile, ma credo non si possa più fare a meno di riflettere sui nuovi interventi che devono relazionarsi con un contesto fatto di materiali, colori, forme e tradizioni antiche.

Certo la città non è un quadro né una scultura ma un luogo vivo che si adatta continuamente a nuove funzioni ma, convinciamocene, anche una risorsa che abbiamo ricevuto in prestito dal passato. Non si può dimenticare che l’aspetto di una città, il suo profilo, il modo con cui questo interagisce con il paesaggio sono tutti aspetti di cui dobbiamo avere cura.

Ricordiamo Pasolini quando denunciava, in un famoso documentario di cinquant’anni fa, i palazzi moderni che sfiguravano l’aspetto dell’antico borgo di Orte. Ecco qui il discorso è esattamente lo stesso. E da questa presa di consapevolezza passerà anche lo sviluppo turistico che Viterbo avrà negli anni a venire.





Facebook Twitter Rss